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Le ong preparano l’ingresso a Bagdad

Nella capitale irachena c’è bisogno di tutto: medicinali, cibo e acqua. Intanto si aspettano i primi 100mila morti.

di Redazione

U n termometro affidabile per capire quanto un conflitto sia vicino è l?arrivo dei chirurghi di guerra. In queste ore, purtroppo, diverse associazioni di assistenza medica stanno bussando alle porte di Bagdad per ottenere i visti necessari all?ingresso nel Paese. Dal 31 dicembre scorso, un chirurgo italiano e un medico straniero sono in missione nella capitale per conto di Medici senza frontiere. Un lavoro di tessitura di rapporti non facile visto che nel 1991 l?associazione fu espulsa dall?Iraq con l?accusa di aver soccorso con 2mila tonnellate di alimenti e medicinali 550mila profughi curdi, rifugiatisi nelle montagne del nord del Paese. Da allora l?ufficio di Msf a Bagdad fu chiuso. “Adesso sembra che la situazione stia migliorando, siamo in trattative con le istituzioni irachene, ma pretendiamo di avere strada libera, non sopporteremmo di poter soccorrere un iracheno, ma non un curdo”, avverte Sergio Cecchini, portavoce di Msf. Intanto, però, nelle centrali operative di Bruxelles e Parigi, Msf sta organizzando corsi di formazione per medici e chirurghi: “abbiamo bisogno di gente preparata, affidabile e coi nervi saldi”. Si è invece sbloccata definitivamente l?impasse di Emergency. Maso Notarianni, coordinatore del progetto Iraq, annuncia: “Gestiamo già due centri riabilitativi, altrettanti ospedali e 40 pronto soccorso in Turkmenistan. Presto però invieremo nella capitale un?équipe composta da un program coordinator, due chirurghi e due infermieri, che si dedicheranno alla chirurgia d?urgenza e formeranno il personale locale. All?inizio dovrebbe accompagnarci anche Gino Strada”. “In ogni caso”, chiosa Notarianni, “se guerra sarà, sarà un macello mai visto”. Terre des hommes riporta stime non ufficiali dell?Onu: “Ci aspettiamo”, avverte Marina Rini dalla sede milanese, “100mila morti durante il primo attacco, 400mila feriti e oltre un milione di profughi. Poi c?è l?incognita mine”. In queste ore Bruno Neri, program officer di Tdh, si trova a Bagdad “per partecipare alla manifestazione pacifista del 15 febbraio e per prendere i contatti con la Croce Rossa e i ministeri iracheni degli Affari sociali e della Sanità per studiare i termini di una collaborazione. Ci allarma il grado di malnutrizione dei 24 milioni di abitanti, quasi la metà dei quali sono minori”. Secondo Save the Children sono oltre un milione i bambini che rischiano la morte. In una nota, il presidente Angelo Simonazzi dichiara che “se verrà spezzata la catena umanitaria che tiene in vita la popolazione, 1.200.000 bambini moriranno per malnutrizione. La situazione è disperata”. In caso di conflitto, Save the Children intensificherà l?invio di aiuti all?ufficio di Bagdad (aperto nel 1991) e nelle sedi delle città curde di Erbil e Sulaimaniya. Proprio il capitolo profughi sta mobilitando altre associazioni italiane. Azad il 21 marzo festeggerà il capodanno curdo, (il newroz) nel campo di Mahmura in territorio iracheno dove vivono stipati come maiali 10mila profughi, più della metà bambini. Azad porterà materiale scolastico e farmaci. Dino Frisullo, referente dell?associazione romana è preoccupato: “L?Unhcr sostiene che ci saranno 900mila profughi, molti di loro finiranno nei campi di concentramento, non si possono definire altrimenti, che Iran e Turchia stanno allestendo sul confine”. La Caritas, invece, si servirà della Confrérie de la Charité-Caritas Iraq che con 80 operatori e 15 centri sparsi per il Paese continuerà a consegnare aiuti umanitari a 14mila famiglie, a fornire acqua potabile a 400mila persone e assistenza medica a 6mila soggetti vulnerabili. A Roma, nel frattempo, il presidente di Un Ponte per, Fabio Alberti sta lavorando alla creazione di un tavolo di coordinamento fra le ong italiane in Iraq (fino ad oggi hanno aderito Un ponte per, Associazione ong italiane, Beati costruttori di pace, Ics, Cosv, Intersos, Iscos, Gvc, Progetto Sviluppo e Terre des Hommes). “Si tratta”, spiega Alberti, “di un modo per rendere più efficace il nostro impegno senza creare inutili concorrenze, ma anche un provvedimento per denunciare chi, come Berlusconi, con una mano armerà i cannoni di guerra e con l?altra promette aiuti umanitari”. La Comunità di Sant?Egidio, infine, continuerà, parola di Mario Marazziti “a pregare come facciamo dall?inizio dell?anno perché si superi l?assurda contrapposizione fra pacifisti e amici di Hitler. Una caricatura della realtà produrrà un incremento dell?odio e del terrorismo”. Info: Associazione Un Ponte per… Medici Senza Frontiere Terre des hommes Italia Save the Children Italia


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